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Itinerario n. 4 •

Il trekking dei briganti fra la macchia ed i poderi
( Montalcino - Vallafrico - Manachiara
Barbi - Caggiolo - Ripa )
livello max. m. 514 livello min. m. 229

Si tratta di una lunga, bellissima passeggiata che vi porta, attraverso una zona quasi disabitata nell'alta Val d'Orcia. E' un ' alternativa al precedente itinerario che vi conduce nello stesso posto seguendo più a valle il medesimo itinerario.
Dalla Ripa in poi la strada è identica, cambia solo il modo di arrivare in questo posto, infatti nell'altro caso la partenza è prevista da S. Antimo, in questo da Montalcino. Si deve prima di tutto raggiungere il bivio che, a Montalcino, sotto la fortezza, vede partire la strada per S. Antimo. E' su questa che bisogna camminare per circa quattro chilometri in leggera discesa, lasciando alle spalle il centro storico con le torri ed i campanili che spariscono lontani ed un bellissimo paesaggio collinare animato da bosco e vigneti che si apre davanti.
Ad un certo punto, sulla sinistra, troverete la strada bianca che si dirige verso la fattoria dei Barbi (le indicazioni non mancano). Dopo qualche centinaio di metri percorso in questa strada, prima del laghetto, si devia ancora a sinistra per una poderale che scende sul fianco interno della collina. Si cammina fra i boschi che divengono sempre più vicini e più fitti. Ad un certo punto, sulla sinistra in basso, in uno spazio luminoso tagliato fra i querceti si nota la mole complessa e movimentata del podere Scopone.
Poco dopo si incontra sulla strada il podere Vallafrico, per poi proseguire fra l'infittirsi dei cespugli di corbezzolo, pianta molto bella nella sua veste autunnale, con le bacche rosse che emergono a piccoli grappoli nella macchia. Le querci sono qui piuttosto adulte, hanno una chioma folta e mettono in bella evidenza, d'inverno, cespugli di vischio, quello indispensabile a fare la 'pania', usata per la cattura di uccelli nell'epoca passata. Il vischio di tale tipo è sempre più raro, poiché per diffondersi nel suo gaio parassitismo ha bisogno di due fattori: molti uccelli che lo 'seminano' sulle piante, con il loro movimento, e una buona dose di umidità che ne rende possibile lo sviluppo. Gli uccelli però sono in diminuzione per ragioni di carattere ambientale e non solo, l'umidità stessa è complessivamente in diminuzione per il mutamento generale del clima.
Si cammina ancora per un chilometro in questo paesaggio e si giunge alla fine della strada in prossimità del podere Manachiara, una costruzione molto bella che guarda la valle dell'Asso. La casa colonica possiede una loggia coperta sorretta da robuste colonne di pietra e costituisce l'accesso ad un abitato piuttosto vasto, coperto da un tetto a spiovente su cui si innalza una torre. Uno stemma murato sulla parete testimonia l'origine antica di questa bella abitazione rurale, che si colloca in prossimità del luogo dove sorgeva l'antichissima Pieve di S.Piero ad Asso (oggi podere S. Piero), centro religioso ed economico molto importante dell'alto medioevo. Da qui si prende sulla destra la strada che scende verso il fosso.
Mano a mano che scende si fa sempre più incassata nella macchia, fino a quando, nella massima profondità, attraversa il fosso di Manapietra, quasi completamente nascosto nell'infittirsi dei lecci. Da questo punto molto umido e fresco si risale lentamente, in un contesto vegetale delizioso, verso il podere Pinsale. La casa è di piccole proporzioni, e ben orientata verso il mezzogiorno e sorge graziosamente sul limitare di un antico oliveto sfuggito alla falcidia delle ultime gelate, che disegna un paesaggio, tornato improvvisamente dolce e coltivato, dopo l'asprezza silvestre del tratto precedente.
Tenendosi sempre sulla destra, si arriva poco dopo alla strada principale che porta ai Barbi, la fattoria che si intravede sotto la collina. Il nucleo più antico della casa colonica è gradevole; piacevole soprattutto il movimento dei volumi che compongono l'edificio. La fattoria occupa una posizione di dominio sopra una zona piuttosto periferica e selvaggia frequentata, a quanto si dice, dai più celebri briganti del secolo passato. A questo luogo è legato soprattutto il ricordo di 'Bruscone', personaggio a metà fra il girovago e il brigante di cui ci parla Florio Nardi nel suo 'quaderno' intitolato 'Bruscone ultimo brigante d'Italia', appellativo da cui ha preso il nome anche un celebre vino.
Bruscone, colono per un certo periodo in questa fattoria, pare avesse una certa amicizia con il più noto e anche più crudele 'Baicche', brigante a pieno titolo, cui si accenna nella scheda sulla 'strada maestra'. La fama maggiore di Bruscone è legata ad un episodio, ancora abbastanza oscuro, nell'ambito del quale Baicche cadde ferito e subito dopo arrestato. Sembra che Bruscone, pericoloso più per i pollai che per le persone, abbia in questa occasione sfoderato un grande coraggio e propiziato indirettamente l'arresto di Baicche. Per quale motivo? 'Cherchez la femme' recita un acuto proverbio francese... Dai Barbi si scende verso il fondo della piccola valle, oltrepassando l'abitato e camminando per il sentiero che segue il crinale, oppure camminando per la strada poderale che, facendo un giro piu ampio, parte dall'aia della casa colonica.In ogni caso si arriva poco dopo in prossimità del 'Molin del fiore', una casa colonica molto bella ed evidentemente antica, ex mulino sull'Asso che scorre accanto. L'abitato è sormontato da una torre che testimonia l'antica fortificazione e nei particolari dell'edificio si coglie una certa ricercatezza architettonica.
A questo punto si deve risalire in direzione sud il corso del fiume per duecento metri, fino' a raggiungere la ferrovia. Facendo un po' di attenzione si deve attraversare il ponte ferroviario, i binari e scendere nel bosco che prosegue, cercando (ma è bene evidente)la strada che risale la collinetta. In questa zona cambia improvvisamente il terreno sassoso tipico del montalcinese, tende a divenire cretoso e di colore grigio. Si sale prima rapidamente, poi più dolcemente, cercando di raggiungere la casa colonica che si vede in alto, dove La collina si 'pulisce' dalla macchia, per fare spazio alle coltivazioni. Si arriva così al Caggiolo, così si chiama il podere, dopo un'altra salita che si snoda sul crinale.
La casa colonica si colloca in una bella posizione panoramica e solatia, è costruita in pietra e possiede un ampio portale, quasi elegante, che introduce al piccolo cortile su cui si aprono gli annessi. La strada attraversa l'aia e prosegue fino a quando non si divide ad un bivio che si incontra poco dopo. A sinistra si imbocca la carrabile che si dirige a S, Piero, Collalli, Torrenieri, a destra la poderale, che è ormai quasi un sentiero, che va alla Ripa. E' quest'ultima che dobbiamo prendere tenendosi sempre sulla destra per seguire l'itinerario descritto. Il percorso prosegue fra due ali continue di macchia, fra cui domina la presenza del corbezzolo e del leccio.
Dopo un po' la strada incomincia a scendere, poi diviene ancora pianeggiante. Si incontra una graziosa fonte, sulla sinistra, quasi ricoperta di muschio e di capelvenere poi, dopo una breve discesa, si arriva al podere S. Pietro, una casa colonica costruita secondo la tipologia altocollinare, che domina in modo così centrale lo spazio vivibile della piccola valle. Da qui il sentiero prosegue verso il castello della Ripa, risalendo la collinetta verso la strada carrabile lungo la quale sorge una chiesetta settecentesca.
Giunti a questo punto è consigliato dare un'occhiata esterna al castello ed alla natura che lo circonda. Mentre ci si avvicina al grande edificio si noterà, sulla destra, una bella siepe di mirto profumato, una rarità da queste parti, e poco più in avanti, sulla sinistra, una fonte nascosta nella grotta nella quale si distinguono ancora chiaramente le ripartizioni dello spazio legato alle funzioni di abbeveraggio e di lavatura; un angolo molto bello dove si è espressa una ruralita antica e severa. Al castello non si può accedere, di norma, ma è molto bello percorrere parzialmente il giro esterno delle mura (completamente è troppo rischioso).
Sulla sinistra si giunge, attraverso il passaggio che si apre prima dell"ingresso', sullo strapiombo sull'Orcia. E' un luogo incantevole, di grande fascino dal punto di vista paesaggistico e naturalistico. La rupe, seminascosta dalla macchia, incombe sul corso d'acqua che scorre perennemente al fondo della gola. La foresta prosegue oltre il fiume sulle colline concedendo rari spazi ai pochi poderi solitari.
Come già accennato nell'itinerario precedente, il castello apparteneva nel '300 alla famiglia Salimbeni, feudatari potenti e irriducibili che lottarono secoli prima di cedere al comune senese. Successivamente il castello divenne proprietà dell'Ospedale senese e successivamente dei Piccolomini.
Anche sulla destra, di chi guarda I'ingresso, si apre uno strettissimo sentiero che, girando sotto le mura perimetrali, vi porta sul ciglio della gola, in una zona bella e panoramica. Da qui si può, con qualche sforzo in più, scendere nel fiume volendo osservare o fotografare dal basso la rupe. Lo sforzo eventuale sarà ripagato dallo spettacolo. Dopo la visita a questo castello si prende a camminare sulla carrabile che si avvia unidirezionalmente verso nord-est. Dopo alcune centinaia di metri si arriva ad un bivio da cui, sulla destra, parte una strada poderale stretta inizialmente fra una fontanella ed un boschetto di cipressi. Si deve imboccarla, oltrepassare sulla destra il piccolo cimitero e iniziare a scendere nel bosco.
Dalla massicciata pesante e ben stratificata si capisce che non si tratta di un sentiero ma di un'antica strada un tempo ben tenuta e molto trafficata. Ci si rende conto di questo ancora di più quando, giunti dopo due chilometri al livello del fiume, seguendo un dislivello di quasi duecento metri, ci si trova di fronte ad un ponte franato in mezzo al fiume, con i pilastri di travertino ben levigati e di notevole volume.
La strada che da secoli collegava La Rocca e Castiglion d'Orcia con la Ripa, con la valle dell'Asso e con S. Quirico, in alternativa alla Francigena, resto interrotta nel 1929 a causa di una grande piena dell'Orcia che porto via il ponte. Molto interessante il mulino abbandonato che si vede nella riva opposta.
Da qui (siamo alle Mulina) si prende a camminare sulla sinistra del fiume per circa seicento metri, fino a quando sempre sulla sinistra, nel bosco, non si trova il sentiero che, parallelamente al fiume, vi porta prima alla cava abbandonata di travertino e successivamente a Bagno Vignoni. Per maggiori particolari consultare la parte finale dell' itinerario precedente (nr.3).
 
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